Fino ad un paio d’anni fa, per un “uomo di mare” come il sottoscritto, l’arrivo di Settembre, risultava essere il mese più malinconico, quello  che  decretava la chiusura dell’amato periodo estivo, e l’inizio del lungo inverno ma, da quando è iniziata la mia “seconda giovinezza agonista”, è diventato il periodo più atteso, quello che coincide con l’inizio della nuova stagione agonista della mia “ultima” passione…Non militando in categorie arbitrale degne di nota, ma volendo essere ancora competitivo con i colleghi che hanno la metà dei miei anni (un modo “galante” per non dire che potrebbero essere miei figli), parallelamente a questi campi che sto calpestando dal lontano 1999, ho intrapreso una nuova “avventura” nel mondo del Running, cimentandosi nella sua gara “regina”, la Maratona (42km e 195m).

Come in qualsiasi sport, e a maggior ragione nella corsa, necessita una preparazione che inizia ben molti mesi prima della gara obiettivo che, per il 2018, risultava essere la Maratona di Firenze del 25 Novembre; ricordo ancora il primo allenamento di questa nuova sessione: 10km, corsi alle 19.30 del 6 agosto, ad una temperatura di 32°C…

Le settimane, e i chilometri, passarono senza alcuna fatica  degna di nota fino al 22 settembre, data d’inizio dei campionati provinciali stagione 2018/19; da questo spartiacque, in ogni weekend, avrei arbitrato due partite (juniores il sabato pomeriggio, allievi o giovanissimi la domenica mattina) e corso almeno una dozzina di chilometri la domenica pomeriggio: in totale una quarantina di chilometri che si sarebbero sommati a quelli macinati infrasettimanalmente.

Tutto questo non mi bastava e, prima del tanto atteso giorno segnato in rosso nel calendario, avevo necessità di “mettermi alla prova” in un test assai più impegnativo di un “normale” weekend calcistico: la gara test designata fu la Venice Marathon, per noi veneti la Regina delle Regine, in programma il 28 Ottobre.

Non potendo e, non volendo, correre tutti i 42km, pensai di affrontarne 32-34 e, nell’ultimo tratto, “godermi” la magia che solo Venezia, con i suo 13 ponti, poteva offrirmi.

Le previsioni meteo non erano tra le più favorevoli ma, dopo un acquazzone verificatosi un’oretta prima della partenza, il cielo diventò terso e la temperatura si assestò sui 12°-13°C: clima ideale per iniziare questa corsetta.

Più passavano i chilometri, e più mi avvicinai a Venezia, più il vento cominciava ad aumentare intensità e a scendere le prime goccioline di pioggia; arrivato sul Ponte della Libertà, 32°km, trovai un il Scirocco che soffiava ad oltre 60km/h: nulla di impressionante, essendo originario di Sottomarina, avevo corso tante volte con la Bora ma, in questo caso, l’avrei avuto in direzione contraria per ben 5km.

Con non poca fatica riuscii ad arrivare all’area portuale e, dopo una decina di minuti, al primo dei tredici ponti; a questo punto, grazie all’incoraggiamento del pubblico, anche se le energia erano praticamente ultimate, “sentivo” di avercela fatta ma, questa volta, c’era un’ulteriore difficoltà da superare e che, mai e poi mai, avrei pensato di incontrare: l’acqua alta…

Quel vento di Scirocco, che oramai soffiava da ore ed ore, aveva alzato la marea portandola a 150cm rispetto al medio mare: questo significava che, negli ultimi 3km, dovevo correre con l’acqua  che mi arrivava fino a metà polpaccio e, in zona S.Marco, che sarebbe stata la “passerella”, immerso fino alle ginocchia.

Dopo una camminata lunga mezz’ora (oramai era inutile correre)  riuscii  a tagliare il traguardo: la gioia di ricevere la medaglia, e il bere un bicchierone di the caldo, mi fecero scordare tutte le fatiche delle quattro ore precedenti.

Anche se non ottenni il risultato cronometrico sperato (in fin dei conti, con delle condizioni meteo così avverse,  era impensabile ottenere delle performance accettabili) non mi scoraggiai e, nelle quattro settimane che mancavano alla maratona fiorentina, tra un weekend “pallonaro” ed altro, continuai ad allenarmi con ancora più determinazione.

Finalmente arrivò il giorno tanto agognato ma, nonostante tutti i chilometri affrontati, causa una leggera influenza che mi aveva colpito nei giorni precedenti, mi presentati alla partenza con una condizione atletica non ideale (almeno non come avrei voluto), inoltre, come se non bastasse, anche questa volta il “destino” mi avrebbe riservato una gara bagnata dal 1° al 42°km (fortunatamente, non essendo esornato l’Arno, non avrei trovato l’”acqua alta”).

Dopo i primi 10km corsi con il “freno a mano” per non sprecare troppe energie, appena le strade cominciarono ad essere meno affollate (erano presenti 7000 atleti), decisi di aumentare il ritmo per recuperare i secondi persi.

Tutto filò via liscio fino al ventesimo chilometro quando mi di ripresentò l’incubo vissuto un mese prima a Venezia: vento contro e pioggia a catinelle; per fortuna, queste condizioni avverse, durarono neanche una decina di minuti (in caso contrario non saprei se sarei riuscito ad arrivare “sano e salvo” al traguardo).

Dopo aver superato queste avversità, continuai la mia avanzata ad un ritmo pressoché costante, e leggermente più veloce di quello preventivato, riuscendo a superare il “fantomatico” muro del 30°km senza grossi impedimenti ma, ovviamente, non poteva essere tutto “rose e fiori” e la crisi arrivò al 37°km.

A cinque chilometri dalla fine, e dopo tre ore e dieci di gara, non potevo alzare bandiera bianca e così ripensai a tutti i sacrifici affrontati nei mesi precedenti, agli amici che mi aspettavano all’arrivo, ai colleghi chioggiotti che idealmente rappresento ogni qualvolta mi tolgo le scarpe con i tacchetti ed indosso quelle da running, così decisi di non “ascoltare” le gambe, che chiedevano pietà, e di continuare la mia sfida personale.

Con non poche difficoltà arrivai sotto il gonfiabile del 42°km e, gli ultimi 195m, quelli che ti rimangono impressi nella memoria, li corsi con una gioia immensa, conscio di  non aver risparmiato neanche un briciolo di energia e, dopo aver varcato la finish line, quando controllai l’orologio, e vidi che segnava 3:35:51, cominciai a piangere come mai non avevo fatto prima ad ora: nonostante le condizioni meteo non proprio favorevoli, la saluta alquanto precaria, l’obiettivo, tanto bramato, di portare il mio PB (personal best) a tre ore e trentacinque, era stato raggiunto.

Neanche il tempo di metabolizzare l’”impresa” appena compiuta, decisi di rimettermi in gioco: perché non provare a migliorare il proprio PB anche sulla mezza maratona?

La gara “designata”, a sole tre settimane dalle fatiche toscane, era la Maratonina della Città Murata di  Cittadella (corsa molto frequentata in Veneto con oltre 3500 partecipanti).

Anche questa volta decisi di partire in maniera parsimoniosa e di attuare la strategia denominata “negative flip”, che consiste di accelerare nella seconda metà: senza grosse difficoltà riuscii a limare il mio record, che resisteva da Settembre 2017, di oltre un minuto portandolo a 1:35:05.

Considerando che l’”appetito vien mangiando”, mi mancava di aggiornare il PB nella 10km e così colsi subito la “palla al balzo”, trascorrendo il capodanno a Roma e correndo la Referee Run in programma proprio il 31 dicembre

In una bellissima giornata primaverile, con temperatura di oltre 12°C, riuscii a completare l’ondulato percorso in 42:40 migliorando, in un sol colpo, i miei record sul chilometro, sui cinque e sui dieci.

Ora come potrei concluderei Il racconto?

Con una frase, del pluricampione paraolimpico Alex Zanardi, che rispecchia fedelmente quanto ho vissuto nell’ultimo quadrimestre del 2018:

I limiti sono solo nella nostra testa,

se hai un sogno e vuoi realizzarlo,

non ci sarà nulla in grado di ostacolarti…

tranne la tua volontà